giovedì 22 settembre 2011

Satellite UARS: quali rischi?

Stabilire l'orbita di rientro (non controllata) di un satellite non è semplice: l'effetto del vento e, in generale, le disomogeneità della bassa atmosfera unitamente al modo in cui il satellite va in pezzi possono spostare il sito di caduta degli eventuali frammenti anche di migliaia di chilometri.

Online si trovano le simulazioni effettuate dalla NASA relativamente a quanti e quali parti del satellite possono sopravvivere alla discesa e arrivare al suolo:

http://www.nasa.gov/pdf/585584main_UARS_Status.pdf

La probabilità che possano avvenire incidenti è considerata di 1 contro 3200 circa.


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martedì 20 settembre 2011

La vita segreta dei flare solari

Tradotto da una news NASA

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Accadde alle 11:18, nel soleggiato mattino di giovedì 1 settembre 1859. Come in qualsiasi altro giorno di sole, l’astronomo solare trentatreenne era indaffarato nel suo osservatorio privato, proiettando una immagine del Sole su uno schermo e disegnando schizzi di quanto vedeva. In quella specifica mattina, tracciò i contorni di un enorme gruppo di macchie solari. Improvvisamente, davanti ai suoi occhi, apparvero due brillanti sfere di luce bianca sopra le macchie. Erano così luminose che egli riuscì a malapena a reggerne la visione guardando lo schermo.
Carrington urlò ma, quando finalmente arrivò un testimone, il primo flare solare mai osservato dall’uomo stava già svanendo.

Non sarebbe stato l’ultimo. Da allora, gli astronomi hanno registrato migliaia di flare molto forti usando una vasta gamma di strumenti: dai telescopi amatoriali usati nei cortili di casa ai più complessi spettrometri a bordo delle sonde spaziali. Forse nessun altro fenomeno astronomico è mai stato altrettanto studiato.

Dopo una simile investigazione, verrebbe da pensare che ormai si conosca tutto a proposito dei flare solari. Tutt’altro. I ricercatori hanno recentemente annunciato che i flare solari stavano mantenendo un segreto.

“Abbiamo appena imparato che alcuni flare sono parecchie volte più forti di quanto ci aspettassimo”, afferma il fisico Tom Woods, dell’Università del Colorado, che ha condotto il gruppo di ricerca. “I flare solari costituivano già le più ingenti esplosioni del Sistema Solare, e questa scoperta li rende ancora più impressionanti”.

La sonda della NASA denominata Solar Dynamics Observatory (SDO), lanciata nel febbraio del 2010, ha effettuato la scoperta: quasi 1 flare su 7 sperimenta un “aftershock”. Dopo circa 90 minuti dall’estinzione del flare, in pratica, torna a “rivitalizzarsi” producendo una ulteriore ondata di radiazione ultravioletta estrema.
“La chiamiamo ‘fase tardiva’. L’energia emessa in questa fase può superare quella del flare primario anche di quattro volte”.

Ma cosa provoca questo fenomeno? I flare solari si verificano quando il campo magnetico delle macchie solari erutta – un processo noto come “riconnessione magnetica”. Si pensa che la fase tardiva risulti dalla ri-formazione di alcuni anelli nelle linee di campo magnetico delle macchie solari. Il diagramma predisposto da Rachel Hock, appartenente al gruppo di ricerca di Woods, mostra questo meccanismo.



L’energia aggiuntiva prodotta dalla fase tardiva può avere ingenti effetti sulla Terra. La radiazione ultravioletta estrema è particolarmente efficiente nel riscaldare e ionizzare gli strati superiori dell’atmosfera terrestre. Quando questo accade, l’atmosfera riscaldata si gonfia e accelera il decadimento dei satelliti che si trovano sulle orbite basse. Inoltre, l’azione ionizzante degli UV estremi può deviare i segnali radio e interferire con le normali operazioni dei GPS.
SDO è riuscito ad effettuare questa scoperta grazie alla sua abilità nel monitorare la radiazione ultravioletta ad alta risoluzione, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Con un simile “pedinamento”, è difficile mantenere un segreto – anche uno vecchio come questo.
Il lavoro originale di Woods et al. è pubblicato su Astrophysical Journal del 1 ottobre 2011.

Author: Dr. Tony Phillips, Credit: Science@NASA

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Le case della scienza 2011

Sta per partire l'edizione 2011 di "Le case della scienza", manifestazione curata dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Imola e dall'associazione ScienzaE.

Il tema di quest'anno è la Chimica, il quale si presta ad una miriade di attività e approfondimenti. Il programma propone, oltre a mostre ed incontri, numerosi laboratori con esperimenti da realizzare in prima persona, dedicati sia a bambini che ad adulti.
Visitate il sito di ScienzaE http://www.scienzae.org/ per consultare il programma completo.

Sottolineiamo gli appuntamenti curati o proposti dall'Associazione Astrofili Imolesi:

- l'anteprima "Il Sole: luci ed ombre", domenica 25 settembre presso l'Osservatorio "Alfio Betti", dalle 9 alle 12 e dalle 14:30 alle 19;

- il Planetario itinerante allestito sotto il centro cittadino.

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venerdì 2 settembre 2011

L'Universo prende "vita"

Se escludiamo gli oggetti a noi più vicini, in particolare i corpi del Sistema Solare, e fenomeni improvvisi come l'esplosione di supernovae, l'Universo in sostanza ci appare statico. Non riusciamo a percepire movimenti o mutamenti nel corso di una breve osservazione. Hubble, accostando riprese effettuate nel corso di molti anni, ha permesso di comporre dei video in cui apprezzare sostanziali cambiamenti negli oggetti immortalati. In particolare si tratta di tre giovani stelle (distanti circa 1000 anni luce) caratterizzate dall'espulsione di getti di gas supersonici. Nei pochi secondi in cui sono stati "compressi" ben 14 anni di immagini si nascondono informazioni importantissime sulla dinamica di questi getti. Per saperne di più leggi la news INAF relativa a questo argomento o vai alla pagina originale (i video sono nella colonna in basso a destra).