martedì 20 settembre 2011

La vita segreta dei flare solari

Tradotto da una news NASA

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Accadde alle 11:18, nel soleggiato mattino di giovedì 1 settembre 1859. Come in qualsiasi altro giorno di sole, l’astronomo solare trentatreenne era indaffarato nel suo osservatorio privato, proiettando una immagine del Sole su uno schermo e disegnando schizzi di quanto vedeva. In quella specifica mattina, tracciò i contorni di un enorme gruppo di macchie solari. Improvvisamente, davanti ai suoi occhi, apparvero due brillanti sfere di luce bianca sopra le macchie. Erano così luminose che egli riuscì a malapena a reggerne la visione guardando lo schermo.
Carrington urlò ma, quando finalmente arrivò un testimone, il primo flare solare mai osservato dall’uomo stava già svanendo.

Non sarebbe stato l’ultimo. Da allora, gli astronomi hanno registrato migliaia di flare molto forti usando una vasta gamma di strumenti: dai telescopi amatoriali usati nei cortili di casa ai più complessi spettrometri a bordo delle sonde spaziali. Forse nessun altro fenomeno astronomico è mai stato altrettanto studiato.

Dopo una simile investigazione, verrebbe da pensare che ormai si conosca tutto a proposito dei flare solari. Tutt’altro. I ricercatori hanno recentemente annunciato che i flare solari stavano mantenendo un segreto.

“Abbiamo appena imparato che alcuni flare sono parecchie volte più forti di quanto ci aspettassimo”, afferma il fisico Tom Woods, dell’Università del Colorado, che ha condotto il gruppo di ricerca. “I flare solari costituivano già le più ingenti esplosioni del Sistema Solare, e questa scoperta li rende ancora più impressionanti”.

La sonda della NASA denominata Solar Dynamics Observatory (SDO), lanciata nel febbraio del 2010, ha effettuato la scoperta: quasi 1 flare su 7 sperimenta un “aftershock”. Dopo circa 90 minuti dall’estinzione del flare, in pratica, torna a “rivitalizzarsi” producendo una ulteriore ondata di radiazione ultravioletta estrema.
“La chiamiamo ‘fase tardiva’. L’energia emessa in questa fase può superare quella del flare primario anche di quattro volte”.

Ma cosa provoca questo fenomeno? I flare solari si verificano quando il campo magnetico delle macchie solari erutta – un processo noto come “riconnessione magnetica”. Si pensa che la fase tardiva risulti dalla ri-formazione di alcuni anelli nelle linee di campo magnetico delle macchie solari. Il diagramma predisposto da Rachel Hock, appartenente al gruppo di ricerca di Woods, mostra questo meccanismo.



L’energia aggiuntiva prodotta dalla fase tardiva può avere ingenti effetti sulla Terra. La radiazione ultravioletta estrema è particolarmente efficiente nel riscaldare e ionizzare gli strati superiori dell’atmosfera terrestre. Quando questo accade, l’atmosfera riscaldata si gonfia e accelera il decadimento dei satelliti che si trovano sulle orbite basse. Inoltre, l’azione ionizzante degli UV estremi può deviare i segnali radio e interferire con le normali operazioni dei GPS.
SDO è riuscito ad effettuare questa scoperta grazie alla sua abilità nel monitorare la radiazione ultravioletta ad alta risoluzione, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Con un simile “pedinamento”, è difficile mantenere un segreto – anche uno vecchio come questo.
Il lavoro originale di Woods et al. è pubblicato su Astrophysical Journal del 1 ottobre 2011.

Author: Dr. Tony Phillips, Credit: Science@NASA

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