domenica 7 dicembre 2014

L’inganno di Venere

Il secondo pianeta del Sistema Solare, in ordine di distanza dal Sole, è uno dei più interessanti. Eh si, perché, come si suol dire, già il nome ”è tutto un programma”.

Il pianeta Venere
Con una magnitudine apparente media di -4,6, è il secondo oggetto più luminoso del cielo notturno, dopo la Luna, il che lo ha portato ad essere “scoperto” fin dall’antichità. Tra gli appellativi che ha ricevuto nella storia, questo pianeta gemello della Terra (per dimensioni e massa) venne chiamato anche Lucifero, dal latino “portatore di luce”, dal momento che il suo sorgere anticipava di poco la luce solare. Il suo splendore è tale che in molte culture questo astro era considerato assimilabile ad una entità divina, come appunto Venere, la dea romana dell’amore e della bellezza dalla quale il pianeta ha ricevuto il nome ancora oggi ufficialmente riconosciuto. Una divinità simile a Venere era presente nella mitologia di molti altri popoli, chiaramente sotto altri nomi: è il caso della Siria, dove era riconosciuta la divinità di Astaroth, simile alla greca Afrodite (a sua volta divenuta Venere per i romani). Oltre che all’amore, la dea Venere era collegata più in generale al concetto di femminile, strettamente legato a quello di bellezza: molti sapranno, infatti, che il simbolo del femminile è proprio lo specchio di Venere (opposto al simbolo del maschile, lo scudo di Marte).


Botticelli, "La nascita di Venere"
Detto tutto questo, un ingenuo si aspetterebbe un pianeta bellissimo, praticamente la rappresentazione dell’amore e del femminile fatto pianeta. In effetti provocatoriamente potrei dire che lo sia… Sarà, però, deluso il lettore nello scoprire che il pianeta in questione tutto può essere considerato tranne che un idilliaco Paradiso. Infatti, al di là della sua abbagliante luminosità, Venere ci rivela diverse caratteristiche che sarebbe difficile definire desiderabili e accattivanti....


Anzitutto la spessa atmosfera venusiana, la più densa del Sistema Solare, è costituita quasi totalmente da biossido di carbonio, che causa un potentissimo effetto serra, così potente da fare di Venere il pianeta più caldo del Sistema Solare: quindi, sebbene sia Mercurio il pianeta più vicino al Sole, è Venere quello più caldo, con una temperatura superficiale media di 462° C! Altro che Paradiso, questo è l’Inferno!

Superficie di Venere, materiale Nasa
E se volessi trovare sollievo, un po’ di refrigerio da questo caldo torrido? Assolutamente impossibile! La temperatura è pressoché costante su tutta la superficie, dal polo all’equatore, sulla faccia rivolta al Sole e su quella opposta. La causa è da attribuire essenzialmente allo spesso strato di nubi, le quali, tra le altre cose, non lasciano neanche passare molta luce solare. Ma le caratteristiche interessanti sono appena cominciate.
Se anche ci fosse possibile vivere, per assurdo, ad oltre 460° C, sulla superficie ci attendono altre sorprese: per cominciare, una pressione micidiale, sempre a causa della spessa atmosfera. La pressione su Venere è pari a circa 92 volte quella sulla Terra: per intenderci, sarebbe come vivere a mille metri di profondità nell’oceano! Ma la superficie del bellissimo pianeta Venere ha ancora qualcosa da rivelare: infatti è ricoperta da una grandissima quantità di vulcani, anche se non troppo attivi al momento, le cui colate raggiungerebbe diverse centinaia di km di lunghezza. Insomma, di bene in meglio!

Superficie di Venere, materiale Nasa
Ma procediamo ulteriormente nell’analisi delle caratteristiche superficiali del “pianeta dell’amore”. Fulmini in abbondanza caratterizzano il tempo meteorologico di Venere. La loro esistenza è stata evidenziata dalle onde elettromagnetiche percepite dalle sonde inviate dalla Terra per studiare il pianeta. Certo, non sono le condizioni ideali per programmare un viaggio turistico!
E per coloro ai quali tutto ciò non bastasse, c’è di più: al di sopra dello spesso strato di anidride carbonica, si trovano nubi costituite da biossido di zolfo e acido solforico, che causano il verificarsi di frequenti piogge acide sulla superficie, fatto che rende, assieme a tutto il resto, piuttosto complicata l’impresa di colui che decida un giorno di prendere dimora su Venere.

Visione artistica della superficie venusiana
Insomma, il bellissimo pianeta, ritenuto tale dagli antichi, in fin dei conti non è poi così “bellissimo”. 
Vien da pensare che la casualità degli eventi, per una volta, abbia spontaneamente prodotto una calzante analogia: mi sa che il pianeta Venere sia proprio come alcune donne… Bellissime e appariscenti nell’aspetto, ma infernali e corrosive una volta che le si frequenta da vicino!  

P.S. Non me ne vogliano le signore, queste mie parole vogliono essere scherzose.

Simone Borsari
Socio AAI


Per ulteriori informazioni sul pianeta Venere:
http://it.wikipedia.org/wiki/Venere_%28astronomia%29
http://solarsystem.nasa.gov/planets/profile.cfm?Object=Venus&Display=Facts

Fonti grafiche:
http://www.cortinastelle.it/pianeti/venere.htm
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/expo-franceschini-gela-venaria-venere-botticelli-resta-1064639.html
http://archive.oapd.inaf.it/othersites/venere/ESO/d4.htm
http://photojournal.jpl.nasa.gov/catalog/PIA13001
http://www.link2universe.net/2010-09-24/tempeste-di-fulmini-su-venere-simili-a-quelle-sulla-terra/





giovedì 13 novembre 2014

Perché spendere soldi per la missione Rosetta?



Il nostro è stato il solo Paese occidentale a non dare grande rilevanza mediatica alla missione Rosetta. Non che questo sia stupefacente, considerando il crescente disamore per la scienza - forse a sua volta  collegato alla fattiva scomparsa di alcune discipline scientifiche dai programmi scolastici.
Sarebbe interessante discutere del perché questo regresso delle conoscenze di base stia affliggendo l'Italia, e di quali scenari di convenienza possano essere all'origine del problema... Ma non è questa la sede. E io non sono una tuttologa da talk-show.

Mi preme però, per una volta, lasciare qui alcune mie personalissime riflessioni, anche a valle dei tanti commenti che ho letto in rete.

Anzitutto, mi piace sottolineare che l'uomo per sua natura è esploratore, inventore, innovatore. Se questo tratto non fosse caratteristico della nostra specie, saremmo ancora rintanati nelle caverne. Invece non ci stanchiamo mai di farci delle domande, di cercare risposte e soluzioni, di inventare nuove cose. Non solo per migliorare la nostra sopravvivenza, anzi. Siamo "inquieti animali culturali"e la mera sopravvivenza non ci basta più: nella vita cerchiamo conoscenza, emozioni, sfide da superare, nuovi traguardi.
Indagare l'Universo, e ancor più esplorarlo fisicamente, è ambizioso e difficile. Richiede tanto studio, intelligenza, impegno, risorse. E può sembrare distante dalla quotidianità, lo capisco.

Oggi viviamo in una crisi economica e culturale che porta molte persone a dire: "Tutto questo è superfluo, non mi porta alcun vantaggio, dovremmo smettere". Una posizione ovviamente lecita, ma mi permetto di dire che la trovo terribilmente semplicistica. Molto di quello che facciamo (o possediamo) è superfluo - nel senso che non è funzionale alla nostra sopravvivenza. Eppure siamo parecchio restii a non farlo (o a separarcene).
Perché proprio investire sulla conoscenza sarebbe uno spreco, in questo quadro globale? Solo perché non porta immediatamente soldi nelle tasche di tutti?
Sappiamo bene che alla base della crisi ci sono speculazioni finanziarie, iniquità sociale, ruberie varie. Non sono certo stati gli studi astrofisici o le missioni spaziali a crearla.

Qualcuno starà per dire: "Va beh, ma se ora i soldi sono pochi qualcosa dobbiamo pur tagliare! Quindi iniziamo da quello che non produce ricchezza."
Sicuri che non sia meglio evitare le ruberie e gli investimenti truffaldini che lasciano (tante!) opere incompiute? E sicuri che la scienza di base non produca ricchezza?
Si tenga conto che i soldi spesi per la ricerca e per le missioni non vengono impacchettati e spediti nello spazio... Si trasformano in parecchi posti di lavoro e appalti per industrie, qui sulla Terra, senza parlare delle ricadute tecnologiche commerciali che producono negli anni a seguire.
Se vogliamo una civiltà varia e produttiva in cui coltivare benessere e sviluppo, tutti i suoi ambiti vanno considerati con lungimiranza, certamente facendo sì che abbiano le opportune proporzioni. Ci stiamo invece abituando a non ragionare sul medio e lungo termine, e la crescente lotta tra poveri - oltretutto - sta facendo solo il gioco dei furbi...

Il mio parere è che, in ogni caso, la conoscenza abbia un valore in sé. Punto.
Studiare una cometa da vicino, anzi forse anche "da dentro" se Philae riuscirà ad analizzarne la composizione, ci porterà informazioni preziosissime e senza precedenti sull'origine del Sistema Solare, quindi anche su noi stessi.
Questo non ci aiuterà a pagare le bollette o a trovare la cura per il cancro, no. Però sarà un importante tassello da aggiungere al nostro sapere, vi pare proprio così indesiderabile?

E quanto ai soldi, i benedetti soldi, spesi per questa missione...
Si, sono stati tanti: il totale di oltre 20 anni di lavoro - tanto è durata la missione, dalla preparazione allo sbarco - ammonta a 1,4 miliardi di euro.
Detto così suona folle, vero?
Per confronto: è il costo di quattro aerei Airbus A380 - quelli enormi che fanno i lunghissimi voli.
E' quello che ci costa il Parlamento Italiano (Camera e Senato) *ogni anno*.

Ma ciascuno di noi quanto ha pagato? Beh, visto che si è trattato di una missione europea con partecipazione anche di altre nazioni, a conti fatti ciascun cittadino europeo ha speso 3,5 euro spalmati in 20 anni (qualcosa come 20 centesimi all'anno). Due gelati, quattro caffè, una o due riviste, mezzo pacchetto di sigarette, fate voi il paragone...
Vi sembrano davvero troppi?

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lunedì 3 novembre 2014

Conoscere la Luna...

"Super-Luna" o Luna normale? Questo è il dilemma. Con questo interrogativo, in occasione di una delle precedenti osservazioni all'Osservatorio "A. Betti", si è aperta un'avvincente discussione intorno alla Luna e ad alcune sue caratteristiche.
Ci si è interrogati sul motivo per cui, in base ai diversi periodi, osserviamo dalla Terra parti diverse del nostro satellite naturale. Infatti è risaputo che il tempo che la Luna impiega a compiere una rivoluzione completa intorno alla Terra è pari al tempo che impiega a compiere un giro di rotazione sul proprio asse, ossia poco più di 27 giorni. Questo porta alla constatazione che da terra dovrebbe essere visibile sempre e solo la stessa faccia della Luna dal momento che il satellite ci presenta sempre quella faccia. Il che significa, ancora, che ad essere visibile dalla Terra dovrebbe essere sempre il 50% della superficie lunare. Tuttavia sorprenderà alcuni lettori il fatto che le cose non stiano effettivamente così. Ebbene sì, non è vero che la Luna ci presenta sempre la stessa faccia ma una parte poco più grande della metà, all'incirca il 59%.

La Luna così come possiamo vederla dalla Terra.
Legittima è la domanda di chi si chiede a cosa sia dovuta questa evidenza empirica e necessaria è un risposta quantomeno generale, senza avere la pretesa di una massima esaustività e di una precisione assoluta nell'esporre l'argomento. Infatti la risposta di questo fenomeno si ottiene introducendo la questione delle librazioni lunari, descrivibili come movimenti apparenti della Luna. Ci sono diversi tipi di librazioni ma l'obiettivo che mi pongo è di offrire una panoramica generale su di essi, lasciando al lettore la libera scelta se approfondire o meno l'argomento. 
In sostanza, un osservatore attento (e che abbia la straordinaria, quanto improbabile, possibilità di osservare la Luna ogni giorno dal momento del suo sorgere al momento del suo tramontare) si accorgerebbe che, per dirla con le parole di Luca, mentore della serata sopracitata, "è quasi come se la Luna dicesse contemporaneamente diverse volte sì e no durante tutto il suo ciclo".
Innanzitutto bisogna tenere conto che, nell'osservare la faccia che ci mostra la Luna, anche l'osservatore sulla superficie terrestre si muove, insieme alla Terra, causa il suo moto di rotazione. Quindi nel periodo che va dall'alba al tramonto della Luna, che consideriamo come l'oggetto B, all'osservatore, che è l'oggetto A, viene presentata sempre una stessa parte della Luna, a cui si aggiunge inizialmente una parte variabile da un lato, e alla fine, quando ci avviciniamo al tramonto, un altro piccolo spicchio variabile dall'altro lato. Conseguenza di ciò è il moto apparente del nostro satellite, che sembra "dica continuamente no". 
Altro moto apparente è quello generato dall'inclinazione dell'orbita lunare rispetto all'orbita dell'eclittica, che si può definire come il percorso apparente che il Sole compie in un anno rispetto allo sfondo della sfera celeste (apparente in quanto a muoversi non è il Sole ma la Terra). Questa evidenza fa sì che, nel percorrere la sua orbita attorno alla Terra, la Luna presenti sempre la medesima parte, alla quale si aggiunge alternativamente (ossia ad un punto della sua orbita e poi al suo opposto) uno spicchio variabile in alto e poi in basso. Intuitivamente se ne deduce il movimento apparente dell'astro, che sembra "dica continuamente sì", con un ritmo decisamente più lento rispetto a quello con cui "sembra dire no".
In ultimo c'è un altro effetto da prendere in considerazione. Vi è mai capitato di osservare, alle volte, una Luna apparentemente più grande del solito? Se la risposta è negativa... significa che non avete mai osservato bene; ma se la risposta è affermativa, abbiamo pronta la spiegazione. Molto semplicemente questo effetto ottico è dovuto alle caratteristiche intrinseche dell'orbita lunare, la quale, come le orbite di ogni altro astro che ruoti attorno ad un altro corpo, è caratterizzata da un apogeo ed un perigeo, ossia un punto di massima distanza dalla Terra ed uno di massima vicinanza. Questo porta a vedere effettivamente una Luna più grande quando essa si trova al perigeo, anche se si tratta sempre di un effetto ottico. 
Vedete, quindi, quante informazioni interessanti possono emergere attorno ad un oggetto che crediamo di conoscere così bene come il nostro satellite naturale? Concludo ribadendo di non avere avuto pretesa di esaustività nel descrivere il fenomeno, dal momento che io per primo non sono un esperto, ma spero comunque di aver reso l'idea in linea di massima e, perchè no, di aver destato una curiosità in piu in qualcuno. Senza dubbio, però, questo piccolo contributo può essere considerato l'avvincente, e più o meno riuscito, risultato di una semplice, quanto rivelatrice, spiegazione di un fenomeno che tutti noi abbiamo incontrato nello studio delle scienze della Terra a scuola... lasciatemi dire che ha ben ragione chi sostiene che tante volte le conoscenze apprese in un contesto pratico lasciano molto di piu il segno delle medesime conoscenze apprese forzatamente su un banco di scuola!

Terra e Luna.

Simone Borsari
Socio AAI

domenica 12 ottobre 2014

Training per “soci attivi” all’AAI
Serata di osservazione del 5 ottobre 2014

L’AAI sta organizzando, su richiesta, di alcuni soci neofiti interessati a costituire un nuovo “gruppo attivo”, incontri finalizzati a comprendere come utilizzare l’osservatorio e i suoi strumenti in modo autonomo. In questo contesto, nella serata del 5 ottobre, si è tenuta una serata riservata ai soli soci in cui ci siamo dedicati all’osservazione, ma anche all’utilizzo degli strumenti.
Sono stati presenti diversi soci e alcuni ospiti e l’oggetto di osservazione della serata era costituito essenzialmente dalla Luna, forse il miglior oggetto esplorabile a distanza dalla Terra.
Inizialmente è stato organizzato da Luca un confronto fra diversi strumenti di osservazione: nello specifico un telescopio manuale di dimensioni ridotte, in dotazione all’osservatorio, e il telescopio principale. Abbiamo cercato di puntare il telescopio manuale verso la stella polare per cominciare l’osservazione metodica, su suggerimento di Luca, che però ha lasciato libera scelta sulla modalità di puntamento: in questo modo abbiamo potuto metterci alla prova su come risolvere un piccolo problema di puntamento. A questo punto abbiamo direttamente rivolto la nostra attenzione alla Luna, utilizzando il cercatore montato sul telescopio per migliorare la precisione dell’osservazione. Abbiamo iniziato ad osservare la superficie lunare, quasi in fase di luna piena, aprendo un dibattito su alcuni crateri di cui non si è compresa subito l’identità. Per fare ciò, siamo ricorsi alla mappa della Luna, presente in osservatorio, elaborando alcune ipotesi.
Nel frattempo siamo passati al telescopio interno, con specchio secondario montato per la modalità di osservazione Cassegrain. Abbiamo utilizzato anche il telescopio guida per poter identificare più facilmente una certa zona di osservazione. Ci è stato spiegato come sia necessario partire sempre da oculari a grande campo e a basso ingrandimento nell’osservazione, dal momento che, in questo modo, è possibile identificare meglio l’oggetto, o la parte dell’oggetto, a cui si è interessati. Nel puntare il telescopio, non siamo ricorsi all’inserimento delle coordinate di declinazione e ascensione retta bensì abbiamo mosso direttamente il telescopio “con meno precisione” vista la facilità insita nell’individuare l’oggetto in osservazione (la Luna). Tuttavia è stata ribadita l’importanza di prestare attenzione nel momento in cui si cambia la declinazione poiché, a causa del peso dello strumento, il movimento di inerzia può causare gravi danni alla strumentazione. Proprio per questo motivo è molto spesso consigliabile essere almeno in due nelle operazioni di puntamento con il telescopio principale, di modo che uno dei presenti possa muovere il telescopio mentre l’altro si assume l’incarico di bloccare e sbloccare la leva  del movimento in declinazione.
Inoltre Luca ci ha presentato alcuni video e immagini relative alla Luna e alle diverse missioni spaziali nella sala principale al piano terra. Ci siamo soffermati sulla spiegazione del fenomeno delle librazioni lunari, delucidazione che è stata particolarmente interessante, a mio avviso ben più interessante e chiarificatrice di quanto non lo sia stata la lezione sulle librazioni lunari al Liceo, quindi i miei personali complimenti a Luca per la sua spiegazione. Sostanzialmente si tratta di un fenomeno che deriva dai movimenti della Luna attorno alla Terra e dai moti di rotazione e rivoluzione della Terra: la compresenza di tutti questi moti genera l’effetto della librazioni lunari. Ma in questa sede non dirò di più: l’argomento potrebbe anche diventare oggetto di un nuovo articolo di divulgazione, perché no…
I soci AAI che volessero partecipare a queste iniziative sono invitati a comunicarlo al Consiglio Direttivo utilizzando i consueti recapiti.
Arrivederci alla prossima.

Simone Borsari
Socio AAI

giovedì 11 settembre 2014

Venti galattici: distruttori dell'universo o no?

L'esistenza dei venti sulla Terra pare a tutti noi scontata, ma vi siete mai chiesti se un fenomeno come il vento sia presente anche al di fuori della nostra atmosfera? Ebbene sì.
E si può dire di più: gli effetti provocati dal vento a cui siamo abituati qui sulla Terra non sono neanche lontanamente paragonabili agli effetti dei venti extra-atmosfera terrestre... o forse non è così...?
È proprio su questo argomento che la dott.ssa Marcella Brusa, ricercatrice presso il dipartimento di fisica e astronomia dell'Università di Bologna, si è concentrata in occasione della Conferenza tenutasi nell'aula della Specola, all'interno del Rettorato di Bologna. Ad esempio, sapevate che il viaggio di ritorno in aereo dagli USA ha una durata leggermente inferiore rispetto a quello di andata? È così, e il motivo si deve proprio a quelle correnti a 10000 metri di quota, definite jet streams, che vanno da ovest verso est, la cui velocità è all'incirca di 200 km/h, che quindi rappresentano un impulso per i voli di linea, che si trovano a viaggiare più o meno a queste altitudini. Nello spazio esterno alla nostra atmosfera sono diversi i venti presenti: a partire dai venti solari (300-600 km/s), contro i quali il nostro campo magnetico funge da schermo di protezione; i venti stellari, con una velocità dai 10 ai 2000 km/s per i processi continui ma fino a 30000 km/s per i processi esplosivi (supernovae); finanche ai venti galattici, flussi di particelle cariche di energia che viaggiano dai 300 ai 3000 km/s.

Galassia Centaurus A (NGC 5128).
I venti galattici devono essenzialmente la loro esistenza all'attività di nuclei galattici attivi: questi nuclei galattici altro non sono che buchi neri supermassicci, con massa milioni o miliardi più grande di quella del nostro Sole, la cui esistenza viene confermata dalle osservazioni in bande diverse da quella della luce visibile, ossia quella dell'infrarosso e quella dei raggi x. Nel momento in cui i buchi neri emettono una discreta quantità di energia, tale emissione si trasforma in un vento più o meno potente e veloce, variabili che dipendono dalla massa del buco nero. E la diretta conseguenza è che questo vento letteralmente spazza via dalla galassia molti gas, utili alla formazione di nuove stelle, e quindi al proseguio della vita di quella specifica galassia. Tuttavia sono poche le galassie che manifestano questo fenomeno: dato di realtà o "semplici" problemi di ricerca? L'ipotesi più accreditata è che, in realtà, ogni galassia produca tali venti ma solo in fasi specifiche della sua vita. In particolare sembra accreditata la teoria secondo cui nel corso della sua vita una galassia vada da una forma a spirale (fase in cui le stelle hanno moti piuttosto regolari) verso una forma ellittica (quando i moti delle stelle sono molto piu irregolari). Le simulazioni sono vitali al fine di comprendere sempre meglio le fasi evolutive delle galassie. Sostanzialmente la fase di accrescimento nella prima parte della vita di una galassia, nutrirebbe anche il buco nero, il nucleo galattico, ragion per cui inizierebbe una emissione di energia, conosciuta come vento galattico. Questo vento spazza via gas, rende il moto delle stelle più disordinato e lascia all'interno della galassia meno materiale fertile alla sua stessa crescita. Ecco perchè è difficile individuare galassie con nuclei galattici che emettano venti, perchè solo in una fase della loro vita questo fenomeno ha luogo, una fase relativamente breve rispetto alle altre.
Dobbiamo concluderne che i venti galattici saranno i responsabili della fine dell'Universo? Assolutamente no! Perchè se da un lato il vento galattico fa sì che la galassia si avvii nell'ultima parte della sua vita, tutti i gas spazzati via dal suo interno diventeranno materiale fertile, ad esempio, alla crescita o alla formazione di altre galassie. Motivo per cui, lungi dall'essere distruttori dell'Universo, i venti galattici possono invece essere considerati fra i responsabili del proseguio della vita dell'Universo e della sua stessa variabilità. E in questo senso, tutti i venti, anche quelli compresi nell'atmosfera terrestre, diventano fondamentali per tutti noi e per la continuazione della vita stessa. Allora i venti non sono poi così diversi gli uni dagli altri per quanto riguarda il motivo della loro esistenza...

Il vento è alla base di molti processi della vita stessa.


Si ringrazia la dott.ssa Marcella Brusa per la conferenza tenuta nell'aula della Specola il 4 settembre 2014.

Simone Borsari
Socio AAI

lunedì 8 settembre 2014

Conoscete APOD?

La pagina di APOD (Astronomy Picture of the Day) propone ogni giorno una immagine astronomica di particolare bellezza, commentata e corredata da link che portano a pagine di approfondimento.
Il menu in fondo alla pagina di APOD consente di consultare le foto dei giorni precedenti (e tutto l'archivio).

La foto dello scorso 5 settembre, ad esempio, mostra la regione di cielo in direzione del Sagittario, densa di nebulose e ammassi stellari (autore: Terry Hancock).
Una foto che qualsiasi astrofilo vorrebbe aver scattato!



sabato 30 agosto 2014

Training per "soci attivi" all'AAI
Serata di osservazione del 29 agosto 2014

L'AAI sta organizzando, su richiesta di alcuni soci neofiti interessati a costituire un nuovo "gruppo attivo", incontri finalizzati a ccomprendere come utilizzare l'osservatorio e i suoi strumenti in modo autonomo. In questo contesto, ieri nella serata del 29 agosto si è tenuta una serata riservata ai soli soci in cui ci siamo dedicati all'osservazione. Ma principalmente abbiamo preso in esame alcune questioni più tecniche, nello specifico su come utilizzare il telescopio principale.
Erano presenti il sottoscritto Simone e i soci Massimiliano e Krishna. 
Abbiamo ritenuto giusto esplorare alcune questioni tecniche ed applicarle all'osservazione di alcuni oggetti celesti, nello specifico Marte e la nebulosa Laguna M8. Le condizioni del cielo erano piuttosto buone nel corso dell'osservazione e questo ci ha permesso di apprezzare particolari aspetti degli oggetti osservati. In realtà Marte non è stato quasi visibile a causa della sua posizione di poco al di sopra dell'orizzonte, collocazione che ne rende difficile una buona osservazione. M8, invece, è stata ben visibile. Con la guida di Krishna, è stato possibile distinguere due elementi fondamentali di questo oggetto, ossia l'ammasso aperto, quindi l'insieme di stelle che era chiaramente visibile, e la maggiore nebulosità collocata lateralmente rispetto all'ammasso aperto. L'osservazione è avvenuta attraverso il telescopio guida e il telescopio apo e i due soci presenti si sono alternati nell'osservazione in modo da apprezzare l'osservazione dei dettagli dell'oggetto osservato attraverso due obiettivi diversi. La guida di Krishna ci ha permesso anche di comprendere poche, ma essenziali, questioni tecniche inerenti i diversi obiettivi e i differenti ingrandimenti, argomenti che comunque saranno sempre approfonditi nel corso del tempo. Solo al termine dell'osservazione dell'oggetto, Krishna ci ha mostrato un'immagine digitale dell'oggetto stesso, e in questo modo siamo riusciti a rintracciare elementi in comune fra l'immagine che abbiamo visualizzato per mezzo dell'osservazione diretta e quella ottenuta dal web.
Oltre a tutto ciò, abbiamo analizzato l'uso del telescopio, prestando attenzione (attraverso un sistema di prove ed errori) all'inserimento delle coordinate nel telescopio, la declinazione e l'ascensione retta. Abbiamo inserito diversi tipi di coordinate, complicando via via l'entità della coordinata, e analizzando, quindi, l'uso del nonio nell'inserimento dell'ascensione retta e dell'ora siderale, mentre ancora non è stato osservato bene l'uso del nonio nell'inserimento della declinazione.
Krishna ci ha poi mostrato alcuni elementi tecnici sulla gestione dell'osservatorio, sia nell'ambiente della cupola che negli ambienti sottostanti.
L'esperienza è stata nel complesso molto buona, personalmente ritengo che ci saranno molte occasioni per approfondire le conoscenze dei soci e la loro capacità di muoversi in autonomia all'interno del l'Osservatorio.
I soci AAI che volessero partecipare a queste iniziative sono invitati a comunicarlo al Consiglio Direttivi utilizzando i consueti recapiti.
Arrivederci alla prossima.

Simone Borsari

lunedì 18 agosto 2014

L'arrivo di Rosetta presso la cometa

La notizia è del 6 agosto e ci ha colti impegnati a goderci le vacanze... La sottolineiamo quindi in ritardo.
Vista la portata dell'evento, riteniamo utile fornire una traduzione (parziale e passibile di errori) del comunicato ESA riportato a questa pagina a firma di Markus Bauer.



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Dopo aver inseguito l’obiettivo per un decennio, la sonda Rosetta (dell’Agenzia Spaziale Europea - ESA) lo scorso 6 agosto è diventata il primo veicolo spaziale ad effettuare un rendezvous con una cometa, aprendo un nuovo capitolo nell’esplorazione del Sistema Solare.
La cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko e Rosetta si trovavano a 405 milioni di chilometri dalla Terra, all’incirca a metà tra l’orbita di Marte e quella di Giove, viaggiando verso il Sistema Solare interno a circa 55.000 km/h.
La cometa percorre in 6,5 anni la propria orbita ellittica, la quale si spinge oltre Giove nel punto di massima distanza e il cui punto di massima vicinanza al Sole si trova tra la Terra e Marte.
Rosetta accompagnerà la cometa per oltre un anno, durante il passaggio al perielio e poi di nuovo verso Giove.

Si ritiene che le comete siano agglomerati primitivi e che possano aver contribuito a “inseminare” la Terra di acqua e, forse, anche di ingredienti per la vita. Tuttavia, molte domande fondamentali su questi oggetti enigmatici sono ancora aperte. Rosetta, tramite lo studio approfondito della cometa svolto in situ, si prefigge di svelarne i segreti.

Il viaggio verso la cometa, comunque, non è stato una passeggiata.
Dopo il lancio nel 2004, Rosetta ha dovuto effettuare tre flyby con la Terra e uno con Marte per ottenere “assistenza gravitazionale” e percorrere la traiettoria verso l’incontro con la cometa. Questa complessa orbita ha anche consentito a Rosetta di avvicinare gli astroidi  Šteins e Lutetia, ottenendo immagini e dati scientifici senza precedenti.

“Dopo dieci anni, cinque mesi e quattro giorni di viaggio verso la destinazione, e dopo aver girato attorno al Sole cinque volte e aver totalizzato 6,4 miliardi di chilometri, siamo lieti ti annunciare che finalmente ‘siamo qui’,” afferma Jean-Jacques Dordain, Direttore Generale dell’ESA. “La sonda europea Rosetta è ora la prima nella storia ad effettuare un rendezvous con una cometa, un passo avanti di grande importanza per esplorare le nostre origini. Ora le scoperte possono cominciare.”

Il 6 agosto ha segnato la conclusione della serie di dieci manovre di avvicinamento, che erano iniziate a maggio per modificare la velocità e la traiettoria di Rosetta e adattarle gradualmente a quelle della cometa. Se anche solo una di queste manovre fosse fallita, la missione sarebbe stata perduta, e la sonda si sarebbe irrimediabilmente allontanata dalla cometa.

“Il traguardo di oggi è il risultato di un immenso impegno internazionale durato diversi decenni,” dice Alvaro Giménez, Direttore del comparto “Science and Robotic Exploration” dell’ESA. “Abbiamo percorso una strada straordinariamente lunga da quando la missione è stata inizialmente concepita, alla fine degli anni ’70, e approvata nel 1993, e ora siamo pronti ad aprire il tesoro di scoperte scientifiche che sono destinate a riscrivere i libri di testo sulle comete per i prossimi decenni.”

La cometa ha iniziato a rivelare la propria personalità mentre Rosetta si stava avvicinando. Le immagini riprese dalla camera OSIRIS tra la fine di aprile e l’inizio di giugno mostravano che la sua attività era variabile. La “chioma” della cometa, un guscio esteso di gas e polveri, diveniva rapidamente più brillante e successivamente si riaffievoliva nel corso di tali settimane.

Nello stesso periodo, le prime misure effettuate dal Microwave Instrument for the Rosetta Orbiter (MIRO) suggerivano che la cometa stesse emettendo vapore acqueo nello spazio, circa 300 ml al secondo. Contemporaneamente la termocamera VIRTIS misurava la temperatura media della cometa (circa -70°C), la quale indicava che la superficie è principalmente scura e polverosa, anziché pulita e ghiacciata.

Poi, le incredibili immagini riprese da una distanza di circa 12.000 km hanno iniziato a rivelare che il nucleo comprendeva due segmenti distinti uniti da un “collo”, ricordando la forma di un’anatra. E’ stata l’unione di due comete distinte a creare questa struttura a due lobi, o è una sola cometa che si è drammaticamente e asimmetricamente erosa nel tempo?

Le immagini successive mostravano via via maggiori dettagli, fino ad arrivare a soli 100 chilometri di distanza dalla cometa e distinguere dettagli di soli 2,5 metri sulla sua superficie.
L’avvicinamento continuerà: nelle prossime sei settimane, la sonda descriverà due traiettorie triangolari di fronte alla cometa, prima a 100 km di distanza e poi a 50 km. Nello stesso tempo, gli strumenti presenti a bordo forniranno analisi dettagliate della cometa, scrutandone la superficie per trovare un sito in cui far atterrare il modulo chiamato Philae. Quindi, Rosetta tenterà un’orbita quasi circolare e molto stretta (a solo 30 km di distanza o anche meno).

Entro la fine di agosto saranno identificati fino a cinque diversi siti candidati per l’atterraggio. A metà settembre sarà stabilito il sito principale. La pianificazione degli eventi che porteranno al rilascio di Philae, al momento previsto per l’11 novembre, sarà confermata entro metà ottobre.

“Dopo l’atterraggio, Rosetta continuerà ad accompagnare la cometa fino al suo massimo avvicinamento al Sole – in Agosto 2015 – e oltre, osservando il suo comportamento da vicino per fornirci uno sguardo unico e una esperienza in tempo reale su come funzioni una cometa mentre sfreccia attorno al Sole”.

Markus Bauer
Per informazioni: ESA Media Relations Office
Email: media@esa.int

venerdì 4 luglio 2014

Sintonizzati su Giove



Che gli astronomi siano interessati a scoprire cosa si nasconde sotto la crosta ghiacciata di Europa, uno dei principali satelliti di Giove, è cosa nota.
Da tempo si pianificano missioni spaziali per portare speciali "rover rompighiaccio" su Europa, allo scopo di raggiungere gli oceani salati che si celerebbero sotto i suoi ghiacci e potrebbero contenere materiale organico (o addirittura ospitare forme di vita).
Non è ancora chiaro, tuttavia, quanto in profondità si trovino questi oceani, né quali punti della crosta di Europa siano meno spessi e consentano trivellazioni più "semplici".

Un gruppo di scienziati ha recentemente proposto di misurare lo spessore dei ghiacci con tecniche radar, sfruttando come trasmettitore un elemento molto originale: Giove stesso.
Il gigante gassoso, per via della interazione tra la propria magnetosfera e il vento solare, emette infatti onde radio che potrebbero essere sfruttate per questi studi.

Per saperne di più, leggi l'articolo su MEDIA INAF.



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mercoledì 4 giugno 2014

Osservare l'invisibile: la radioastronomia

Non lontano dalla nostra città (Imola) si trovano alcuni degli strumenti scientifici più famosi d'Italia: i radiotelescopi di Medicina.
Molte persone, vedendoli da lontano, si saranno chieste a cosa servano queste enormi antenne, spesso erroneamente scambiate per installazioni trasmittenti o di natura militare.

Per avere un'idea di cosa sia un radiotelescopio e, più in generale, di quale sia lo scopo della radioastronomia, rimandiamo a un breve articolo comparso sul sito "Aula di Scienze" della Zanichelli Editore


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venerdì 30 maggio 2014

Come non detto: niente esplosione in M31

Spesso la fretta è cattiva consigliera. La notizia di una forte esplosione X in M31, con annesse speculazioni più o meno sensate, aveva fatto il giro del mondo. D'altra parte, i media - inclusi i social network - sono oggi in grado di rimbalzare e amplificare una notizia in modo rapidissimo e incontrollato.

In questo caso effettivamente gli annunci sono stati fatti decisamente troppo presto... E si è trattato di molto rumore per nulla.
Curiosi? Leggete qui:

http://astrolust.blogspot.it/2014/05/8-astroneide-esplosione-misteriosa.html?spref=tw 

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mercoledì 28 maggio 2014

Eccezionale esplosione gamma nella galassia di Andromeda


La news originale:
http://blogs.nature.com/news/2014/05/rare-cosmic-blast-sends-astronomers-racing-to-telescopes.html 


Traduzione rapida:


Il satellite Swift della NASA ha rilevato una esplosione di raggi gamma ad alta energia proveniente dalla galassia di Andromeda, la più vicina alla nostra Via Lattea. Questo raro fenomeno probabilmente fornirà una enorme quantità di dati agli astronomi, che stanno puntando i loro telescopi per osservarne le conseguenze.
Swift è dedicato alla ricerca di lampi gamma e, quando ne registra uno, il satellite si muove e punta automaticamente verso la sua direzione di origine. L’evento scatenante si è verificato alle 9:21 UT del 27 maggio, tre minuti più tardi il telescopio X a bordo di Swift stava già osservando una forte brillanza X dove in precedenza non ve ne era traccia.
La vicinanza dell’esplosione, “solo” 2,5 milioni di anni luce, è tale che gli astronomi ritengono possibile che anche i rivelatori di neutrini, come l’IceCube detector in Antartide, possano aver registralo l’evento.
Il fenomeno potrebbe essere stato causato quando due stelle di neutroni ultra-dense sono entrate in collisione. Se fosse così, dovrebbero aver generato onde gravitazionali. Sfortunatamente, gli strumenti più adatti alla rilevazione di queste onde gravitazionali erano al momento non disponibili. Ad esempio LIGO (Interferometer Gravitational-wave Observatory) è inattivo perché sta attraversando un lungo periodo di aggiornamento.
Un’altra possibilità è che questa esplosione sia causata da una sorgente X ultra-luminosa, una classe di oggetti meno brillante di un nucleo galattico ma più potente di una stella ordinaria. In questo caso, l’emissione X dovrebbe permanere per giorni, anziché spegnersi in poche ore come accade nel caso di un lampo gamma.  

lunedì 26 maggio 2014

Quando la pazienza viene premiata

Segnalo un interessante articolo apparso su Media INAF.
In coda al pezzo, a fondo pagina, si trovano link per approfondire l'argomento.

http://www.media.inaf.it/2014/05/21/wolf-rayet-ha-fatto-il-botto-sniib/


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lunedì 3 marzo 2014

Primi passi nella fotografia planetaria high-res

Con l'ausilio di piccole fotocamere digitali ad alta velocità di acquisizione, appositamente pensate per la fotografia planetaria, e con l'impiego di appositi algoritmi di "stacking" (integrazione) e di analisi delle immagini è possibile contrastare gli effetti della turbolenza atmosferica e migliorare molto il dettaglio apprezzabile nelle immagini.

L'AAI si è da poco dotata di una di queste fotocamere e sta muovendo i primi passi nella conoscenza delle necessarie tecniche.
Qui potete vedere un'immagine ottenuta il 27 febbraio 2014.
Niente male, come inizio!

Il cielo di Marzo

Media INAF, tra i tanti contenuti interessanti, propone un video dedicato ai fenomeni celesti del mese di marzo.

Clicca qui per vedere il video

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venerdì 3 gennaio 2014

Giove: timelapse ottenuto dagli astrofili

In questo video sono riportate le osservazioni di Giove svolte da vari astrofotografi, italiani ed internazionali, tramite telescopi amatoriali. E' possibile notare l'evoluzione dell'atmosfera nel corso del tempo.

Link al video

E' spettacolare quel che si può ottenere con l'odierna strumentazione, vero?


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